V come via, verità e vita_ un pensiero per domenica 10 maggio, V domenica di Pasqua

MI PIACE LA “V”…

di Via (Verità e Vita):

Gesù si autodefinisce così.

È Lui “la” strada maestra per conoscere la Verità di Dio Padre e per Vivere in pienezza, o almeno per provarci ogni giorno, seguendo le sue orme.

Possiamo approfondirlo nel Vangelo di questa V domenica di Pasqua (Gv 14,1-12).

 

Prendo in prestito alcuni pensieri di autori contemporanei per riflettere un po’ su questo tema, che sta a cuore a tutti, credenti e non credenti, religiosamente praticanti o serenamente indifferenti. Stavolta proseguo con la lettera V.

 

V di “Visione del capitalista”: ne parla lo psicanalista Massimo Recalcati, commentando il pensiero di J. Lacan. Questa espressione indica uno stile di vita, di pensiero e di società, basato sul “consumo sfrenato”, senza controllo, fine a se stesso. È interessante notare come alla base di questo correre, accumulare, riempire di cose e di impegni la nostra esistenza quotidiana, ci sta un Vuoto da riempire: la vita appare continuamente insoddisfatta, frustrata, s-vuotata. L’unica risposta possibile sembrerebbe quella di lasciarsi trascinare dalla corrente, senza pensare, o peggio, pensando che solo il fare e l’avere possano riempire di senso le nostre giornate e le nostre tante infelicità!

È una visione triste, che a poco a poco lascia lo spazio a una prospettiva ancora più disumanizzante: Lacan la chiama “Identità securitaria”, ossia quella che si insinua nelle nuove correnti di pensiero nazional-populiste e sovraniste. L’unica VIA, la sola strada per affermare se stessi e i propri diritti sarebbe la chiusura nei confronti del diverso. L’uomo, come appello radicale all’altro (Dio è Altro dalla nostra condizione umana), è sconfessato nella propria identità, perché nega la relazione e l’inter-dipendenza dagli altri, e si chiude vorticosamente su se stesso e sui propri diritti e convinzioni, in una condizione di tristezza e di depressione[1].

La Via indicata da Gesù, l’uomo di Nazaret, è stata decisamente un’altra: la relazione con Dio e con l’uomo, il cogliere le necessità e le domande di vita delle persone che lo attorniavano, il comunicare la gioia della salvezza di un Padre che ama tutti i suoi figli (in questo è stato anche la Verità e la Vita). Il suo è stato proprio un Vangelo a tutti gli effetti, perché Vangelo significa letteralmente un Annuncio-Bello, una Bella-Notizia.

E di questi tempi, ne abbiamo davvero, ancora, bisogno!

 

V di Vito Mancuso, teologo contemporaneo, parla nelle sue opere di una doppia lacuna nell’uomo contemporaneo (NB: che siamo noi): manca il desiderio come benzina della vita, e il pensiero come piattaforma su cui si appoggiano le nostre scelte.

Oggi si pensa poco, si fa, si disfa, si corre, si supera, si sceglie la strada più comoda, si vive narcisisticamente sempre cercando il 1° posto. La tecnologia fa da padrona, ormai nella nostra vita: con un click si ottiene subito, tutto. Pensare, invece, richiede tempo, silenzio, capacità di studio e di autocritica…. doti non così comuni! forse… i due mesi a casa, chiusi in una quarantena forzata, un po’ ci hanno obbligato a recuperare e riattivare l’emisfero destro del nostro cervello. Speriamo!

Il cardinal Carlo Maria Martini, citando Norberto Bobbio, riprendeva questa espressione forte, e spiazzante: “la differenza rilevante non passa oggi tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti”. Per dirla con i filosofi, lo statuto epistemologico della nostra esistenza (ossia la comprensione del suo significato), non si basa sul vocabolario del fare e dell’efficienza, ma sul lessico dell’amare, del silenzio, del pensare al perché si vive.

Seguire e realizzare i propri desideri, come si dice, non significa semplicemente avere una botta di fortuna nella vita, ma recuperare continuamente il baricentro della propria esistenza.

Desiderare vuol dire avere tensione per la verità, recuperare la vita umana come appello e grido, verso l’altro, verso il mondo, verso la natura. Se il nostro desiderio e aspirazione è solo fondato sull’avere, possedere, godere, allora sperimentiamo che (a differenza degli accumulatori elettrici) più si accumula, più ci si scarica!

Se riduciamo l’umano al solo livello esteriore e materiale, con il tempo ci scarichiamo di energia vitale; se i nostri desideri restano al livello di un bacio perugina, ossia di una soddisfazione immediata, sensoriale e puramente economica, allora ci alieniamo, diventiamo altro da noi stessi, ci esauriamo.

Giocando sulle parole potremmo chiederci: de-siderare, con-siderare, o as-siderare?

Se il desiderio profondo di vita non recupera (come dice il termine latino, de-sidera, a partire dalle stelle) la bellezza e la grandezza della nostra umanità di donne e uomini, che camminano sulla strada (ecco la Via del Vangelo) dell’Amore, della relazione, della condivisione, del tendere al bene dell’altro;  se non con-sidera, e cioè prova a elevare al cielo, in alto, oltre se stessi, le proprie domande di vita, non chiudendole nei bisogni e nel contingente; allora accade una cosa terribile: as-sidera. Mi viene freddo solo a pensarci, mi sembra di toccare con mano un ghiacciolo, quando incontriamo una persona, spenta, senza desideri (come senza benzina e ferma sulla strada), la cui esistenza non sa di appello[2] né di grido, ma di chiusura e resa (torna il concetto lacaniano di chiusura securitaria).

La soluzione è una sola, per uscire dalla alienazione e dalla assiderazione del pensiero e del cuore: orientare il proprio desiderio e trasformarlo in A-SPIRAZIONE (ad spiritum, in latino: cioè tendere allo spirito, ai valori, all’alterità, per un credente, a Dio; e non più a sè).

Gesù ha avuto la pretesa di autodefinirsi la Verità e la Vita, proprio perché con la sua umanità di figlio di Dio ci ha indicato la Via (la strada) dell’eterna felicità, della piena realizzazione, dell’uscire fuori da sé[3]. Chi ci aiuta a fare questo percorso, cioè a fare sintesi degli insegnamenti di Cristo, è il suo Spirito: è in questo senso la giusta aspirazione. Come a dire: vivere non è mai tutta farina del nostro sacco! La parola auto-referenzialità, nel vocabolario umano, non dovrebbe esistere!

 

V come Vi ho stancato? Immaginate la forma della lettera V che sembra una punta, che scava nel terreno, come una trivella. Occorre – ogni tanto – andare un po’ più in profondità.

 

V di QUINTO Vangelo: non si aggiunge nulla alla rivelazione biblica (per la quale i Vangeli canonici, riconosciuti autentici, sono 4), ma si evidenzia come la testimonianza del cristiano nel mondo contemporaneo è come un vangelo, ossia (traducendo letteralmente la parola greca eu-anghèlion) una buona notizia, un messaggio di vita e di verità per il prossimo.

 

V come Vi faccio ancora un bell’impasto di alcune parole con la V:

Vocazione (ossia saper valorizzare l’esistente, la Vita di tutti i giorni, in cui Dio si fa incontrare; rimanendo Veri, originali = cioè sempre con un legame con la nostra origine, con le idee e le convinzioni che reggono la nostra vita[4].

 

Esageriamo, ma non troppo: Mese di Maggio (il n° 5 dei mesi dell’anno, il V in numeri romani, il 5° appunto).

V di Vergine Maria, che invochiamo, affidandoci a Lei come a una Madre, che cammina al nostro fianco.

 

Don Tonino Bello amava definirla: “Donna del Cammino, donna della strada”.

Facciamo nostra la sua preghiera:

“Santa Maria, donna della strada, fa’ che i nostri sentieri siano, come furono i tuoi, strumento di comunicazione con la gente, e non nastri isolanti entro cui assicuriamo la nostra aristocratica solitudine”.

 

E diciamolo con un bellissimo canto dei nostri campi scuola di Valdieri e Sampeyre:

“E LA STRADA… SI APRE, PASSO DOPO PASSO… E SI SPALANCA UN CIELO”!

 

Buon cammino.                                                           Don Domenico Bertorello

 

[1] Purtroppo questa è la fotografia della nostra società occidentale, fortemente “melanconica” (termine ripreso da Lacan) e cioè triste, arresa, implosa su se stessa, con una componente depressiva sempre molto più diffusa, tra le giovani e meno giovani generazioni. Dopo le malattie cardio-vascolari, quelle oncologiche e quelle metaboliche (come ad esempio il diabete), le statistiche collocano ormai al quarto posto, come causa di mortalità, le malattie della mente, le patologie psichiatriche (come la depressione, il disturbo dell’umore e di adattamento sociale). Il che non ci tranquillizza affatto!… visto poi quel che accade …!

 

[2] Esistenza, in greco ek-sistenza, significa stare fuori, proiettarsi oltre, da qualcosa, da qualcuno.

[3] L’espressione latina “in medio stat virtus” indica che la verità non è mai una sola, ma non sta mai semplicemente nel mezzo di due opinioni diverse, ma al centro, in un punto che aiuta a fare sintesi.

[4] Il famoso genetista, filosofo e accademico italiano, Edoardo Boncinelli ha intitolato il suo ultimo libro, da poco uscito, in cui racconta la sua malattia, “Essere Vivi  e basta”. … e avanza, aggiungerei!